DIPENDENZA AFFETTIVA, COME LIBERARSENE!

13.06.2018

"Non posso stare ne con te, ne senza di te"

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La Dipendenza affettiva è un disturbo della relazione che comporta la distorsione della percezione di sé e dell'altro. Questa relazione manca degli elementi essenziali per definirsi sana, ovvero manca della reciprocità e della complementarietà dei ruoli, il rapporto tra i partner è totalmente privo di equilibrio. La coppia è formata solitamente da una parte che si aggrappa disperatamente all'altro e da una parte che rifugge l'intimità perché percepita come pericolosa.

Vediamo meglio nel dettaglio che cosa significa questo disturbo della relazione.

La parte che si aggrappa disperatamente all'altro si attribuisce valore solo in relazione al partner, è estremamente bisognosa di amore e accudimento per colmare dei vuoti affettivi derivanti dalla sua storia familiare, oppure da eventi avvenuti nel corso della sua vita, come ad esempio episodi di bullismo a scuola o di mobbing sul lavoro, eventi quindi che hanno scalfito la fiducia in se stessa, la sua autostima e l'idea di essere meritevole di amore e rispetto. La persona dipendente si dedica totalmente al partner che è ossessivamente al centro dei suoi pensieri, prima vengono i bisogni del compagno, poi forse i suoi. Se ascolta i suoi bisogni si sente immediatamente in colpa e si ritiene una persona cattiva, spesso in conseguenza di manipolazioni psicologiche da parte del compagno che solitamente è un narcisista oppure un antisociale (queste persone possono presentarsi all'inizio con fare molto amichevole e seduttivo, per poi rivelarsi altamente maltrattanti e incuranti delle conseguenze negative che arrecano all'altro). Prodigarsi continuamente per il partner comporta un notevole dispendio di energie, qualsiasi cosa si faccia non è mai abbastanza, spesso le umiliazioni e i maltrattamenti diventano sempre più esacerbati, si assiste a una vera e propria escalation, da cui è fondamentale uscire prima possibile.

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La persona dipendente affettivamente anche se maltrattata è sempre lì in attesa di un cenno, una chiamata, un messaggio, persino un gesto sgradevole è aspettato con tale desiderio, proprio perché in qualche modo colma un vuoto, è paradossalmente considerato una forma di attenzione.  Ci sono forme in cui la Dipendenza affettiva non è tanto dal partner quanto proprio dallo schema relazionale malato. La vittima nonostante sia perfettamente consapevole degli abusi e dei maltrattamenti di ogni sorta che subisce, ha talmente tanta paura del senso di vuoto e di abbandono , che decide di rimanere nella relazione a subire, è come se scegliesse il male minore, perché le dà sicurezza, è un mondo che conosce, andarsene significherebbe cambiare, andare verso l'ignoto, sperimentare il senso di vuoto, di annullamento totale di sé, significherebbe la morte paradossalmente, insomma il male peggiore. Berne, fondatore dell'Analisi Transazionale, parla di carezze, ovvero delle unità di riconoscimento. Queste carezze possono avere carattere positivo (nelle relazioni sane) o negativo, proprio come avviene nella relazione caratterizzata da dipendenza affettiva. Tutte le persone hanno bisogno di carezze per sentirsi viste e riconosciute dall'altro, e solitamente vanno alla ricerca di quelle unità di riconoscimento che sono familiari, sperimentate nelle relazioni familiari o in eventi particolarmente significativi (es. bullismo). La persona che ha una dipendenza affettiva, pur di essere vista e riconosciuta, è disposta ad accettare le carezze negative, perché è meglio ricevere una carezza negativa, piuttosto che non riceverne affatto.

Il partner che si incastra spesso con una persona affettivamente dipendente è un narcisista patologico, una persona che si serve costantemente della manipolazione e della menzogna per raggiungere i suoi scopi, incurante del danno che arreca al prossimo. Per raggiungere i suoi obbiettivi, spesso conquiste prettamente sessuali, è disposto a mentire sui propri sentimenti ricorrendo a quella che si chiama tecnica del love bombing, ovvero fare dichiarazioni d'amore smisurato alla partner, che cederà alle sue lusinghe, e manifesterà il desiderio di una relazione più intima e stabile.

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Il narcisista perverso però teme terribilmente l'intimità, perché è vista come una minaccia alla sua identità grandiosa e onnipotente, teme la dipendenza affettiva perché potrebbe fare emergere le sue fragilità, cosa troppo dolorosa e intollerabile, visto che da bambino era rifiutato se esprimeva i suoi bisogni e le sue emozioni, ma era accettato solo se rispecchiava le richieste dei genitori. I narcisisti patologici, overt, sono estremamente sicuri di sè, hanno quindi una autostima molto elevata e credono che ogni loro desiderio debba essere esaudito ad ogni costo, senza provare il minimo senso di colpa per le sofferenze arrecate alla partner. Esprimono la loro grandiosità e onnipotenza attraverso l'arroganza e la critica continua verso l'altro, ma questo è un modo per non contattare il loro fragile nucleo, perché altrimenti sperimenterebbero depressione. C'è un altra tipologia di narcisista che è chiamato covert in quanto è più mascherato; questi mostra uno stile di attaccamento impaurito, è estremamente sensibile alle critiche per cui il focus è spostato all'esterno, sempre in allerta su cosa gli altri possano dire nei suoi riguardi, prova senso di vergogna, autosvalutazione, idealizzazione dell'altro. Questo tipo di narcisista è caratterizzato da introversione, timidezza, esattamente all'opposto dell'overt, ha paura in realtà di essere abbandonato e rifiutato dagli altri e dal partner.   Dove stanno la  grandiosità e il senso di onnipotenza? In questo caso sono nascosti da un aspetto di timidezza e vulnerabilità, dalla paura del fallimento.

Secondo l' associazione americana Dipendenti Affettivi Anonimi anche i narcisisti presentano aspetti di dipendenza affettiva nel momento in cui vengono lasciati, sono chiamati Dipendenti Affettivi Narcisisti e nel momento in cui vengono abbandonati sperimentano vissuti di abbandono e rabbia, e sono capaci di ricorrere a qualsiasi mezzo per tornare al centro dell'attenzione del partner mediante quello che viene definito Hoovering, facendo quindi false promesse, dicendo di essere cambiati, arrivare a minacciare violenza per tenere in pugno l'altro membro della relazione, che sentendosi minacciato nella propria incolumità fisica o psichica si annienterà ulteriormente,  per poi tornare a ripetere il solito copione, ovvero svalutazione, umiliazione, allontanamento e la vittima si sentirà sempre più traumatizzata.

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Queste relazioni sono veramente devastanti per la parte che si aggrappa disperatamente al narcisista o alla stessa dinamica della relazione, spesso infatti, come ho spiegato sopra, si tende proprio a ricercare rapporti con l'altro che ripropongono questo modello relazionale distorto, perché è l'unico schema conosciuto e familiare e perché si spera in una sorta di riscatto, si spera che se si riesce a cambiare il partner, allora il dipendente affettivo potrà sentirsi veramente accettato per ciò chè è, potrà colmare quel vuoto affettivo lasciato dalle sue figure genitoriali. Questa però è solamente una illusione in quanto inconsapevolmente si vuole confermare il proprio tornaconto di copione, per utilizzare i concetti analitico transazionali, cioè convalidare l'idea che non si è degni di amore. Come uscire da queste relazioni vampirizzanti che risucchiano energia? E' importante ascoltare il disagio e la frustrazione che derivano da questa relazione e rivolgersi a uno psicoterapeuta che aiuti il paziente a prendere consapevolezza di avere un problema (spesso la persona attua strategie per evitare di riconoscere di avere un problema di dipendenza affettiva).

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La persona dipendente teme terribilmente la solitudine e il senso di vuoto che la accompagna, nello spazio di terapia è possibile condividere questi vissuti ed elaborarli, comprendere l'origine dei comportamenti disfunzionali, dargli un senso, imparare a spostare il focus su se stessi piuttosto che continuamente sull'altro, ricentrarsi! La terapia è senz'altro un aiuto fondamentale in questo percorso, ma lo è ancora di più la volontà e la motivazione al cambiamento del paziente. Solo così si è in grado di scoprire le proprie risorse in modo da imparare a stare bene da soli, a non sentire più quella paura dell'abbandono che fa mancare la terra sotto i piedi. Spostare l'attenzione su di sé implica essere in contatto con il proprio io, sentirsi, avere la consapevolezza delle proprie idee, dei propri pensieri, bisogni, desideri e dargli seguito. La terapia prevede che la paziente si prenda le sue responsabilità imparando così a gestirsi e a camminare verso l'autonomia e l'autenticità, imparando a utilizzare tutte e tre gli Stati dell'Io della persona, Genitore, Adulto e Bambino, e a non ricercare più relazioni di natura simbiotica, dove non si utilizzano tutti gli Stati dell'io, ma solo alcuni, cercando una compensazione in quelli dell'altra persona, che implica non accedere a tutte le proprie capacità e risorse. Oltre a ricentrarsi su se stessi è d'aiuto smettere di parlare sempre dell'altro, attuare il "no contact" (possibilmente spontaneo e non forzato, salvo casi di minaccia alla propria incolumità fisica, in quanto il no contact imposto può alimentare l'ossessione per il partner, nutrendo paradossalmente il problema di dipendenza) e focalizzarsi su ciò che si sente: la paura della solitudine! Come una persona che dipende da sostanze, che deve allontanare totalmente la sostanza, il dipendente affettivo deve evitare anche la minima ricerca del partner. Si deve entrare in contatto con la paura di essere soli per cominciare ad attivare le risorse adulte e sperimentare che è possibile sostenere il senso di solitudine, è possibile fare dei progetti senza pensarsi fuso con un altro. Solo quando questo si concretizzerà la persona affettivamente dipendente sarà in grado di relazionarsi all'altro secondo i principi di un rapporto sano, caratterizzato dalla reciprocità dei ruoli.

Dott.ssa Germana Verganti, psicologa-psicoterapeuta