L'ALTRO COME INDISPENSABILE, DIPENDENZA AFFETTIVA
OTTICA ANALITICO TRANSAZIONALE
La dipendenza affettiva è un disturbo della relazione che comporta una distorsione della percezione di sé e dell'altro. Tale modello relazionale disfunzionale, che causa disagio e frustrazione nell'affettivo dipendente, tende a riprodursi come uno stereotipo, per cui è facile, se non si interviene con un trattamento specifico, ricadere in relazioni tossiche, oppure compensare il dolore derivante dalla separazione e dalla forte paura della solitudine con condotte altamente disfunzionali e dannose, come l'uso di alcool, droghe, abbuffate di cibo, ecc.
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L'altro è considerato dal dipendente affettivo come indispensabile per la propria esistenza, questo perché c'è una bassissima fiducia in sé e mancanza di autostima, c'è la grande paura di non farcela da soli e per questo ci si aggrappa all'altro, pagando anche prezzi elevati, come l'assoggettarsi a umiliazioni, manipolazioni, modalità tipiche dei narcisisti patologici o degli individui antisociali.
Nel dipendente affettivo c'è stato un brusco arresto durante il suo sviluppo evolutivo, nel senso che non si sono completate adeguatamente le tappe dello sviluppo. Ad esempio un bambino fin da piccolo ha dovuto farsi carico di un genitore depresso, questo perché la figura della mamma è indispensabile per la sopravvivenza del bambino, per cui per alleviare il senso di minaccia alla propria esistenza il piccolo farà di tutto per migliorare lo stato di salute psicofisica della madre, adultizzandosi precocemente, facendosi carico di responsabilità che non sono adeguate all'età e andando a instaurare una vera e propria inversione dei ruoli. Questo farà si che il futuro dipendente affettivo si immedesimerà frequentemente nel ruolo del Salvatore o più comunemente sindrome della crocerossina.
Karpmann ha esplicitato bene con il triangolo drammatico chele persone si muovono secondo tre ruoli o posizioni:
- Salvatore
- Vittima
- Persecutore
Per cui spesso chi parte da una posizione di salvatore, si muoverà verso una persona che appare bisognosa. Si possono delineare come esempio due situazioni: quella in cui il dipendente affettivo debba correre in aiuto di qualcuno che appare come bisognoso di cure, nella speranza di poter sistemare la situazione sbilanciata creatasi nell'infanzia, ovvero "se io riuscirò a guarire il mio partner, lui finalmente mi amerà, e io sarò vista." Questa in realtà è una illusione perché il dipendente affettivo andrà inconsciamente a individuare nel partner tutti quei segnali che ricordano la dinamica relazionale infantile, per cui il suo desiderio non potrà mai essere realizzato e anzi il suo senso di frustrazione sarà autoalimentato, passando così nel ruolo di vittima, e il suo partner in quello di persecutore.
Altra situazione che si può delineare, che è lo specchio della precedente è il caso del narcisista patologico che si mostra inizialmente comprensivo ed empatico verso una figura bisognosa, quindi assume un falso ruolo di salvatore, finalizzato esclusivamente alla conquista per dare nutrimento al proprio ego. Nel momento in cui il dipendente affettivo si incastra nella relazione, il narcisista l'abbandona, spaventato dall'intimità, che gli ricorda l'invadenza della madre oppure inizia tutta una serie di umiliazioni verso la partner che ormai è una vittima e quindi il narcisista passa nel ruolo di persecutore. È importante soffermarsi sulla funzione che svolgono i diversi ruoli, ad esempio il porsi nella posizione del persecutore è un modo disfunzionale per porre netti confini con l'altro. Nel caso del narcisista sentirsi invaso dalle richieste affettive del partner è devastante, perché teme di rivivere le richieste materne che non erano focalizzate sul benessere psicologico ed emotivo del figlio, ma solo sul proprio ego, il bambino era visto come un oggetto per soddisfare i bisogni del genitore, quindi ogni richiesta è vista dal narcisista come una forte intromissione.
Ritornando al discorso della inversione dei ruoli, in cui un figlio si prende cura della madre, è possibile evidenziare come questa disfunzione familiare comporti un senso di confusione nell'identità del bambino. Nelle relazioni successive è facile, come detto, che si ripresentino situazioni del tutto simili, per cui il dipendente affettivo pur di non contattare l'emozione della paura, della solitudine e del vuoto, evita a tutti i costi di separarsi dal partner. Si crea un rapporto simbiotico, dove bisogna distinguere tra simbiosi sana e fisiologica e simbiosi patologica.
La simbiosi sana è data da una reciproca dipendenza tra il figlio e la madre. In analisi transazionale ogni individuo che ha completato il suo sviluppo possiede e utilizza in modo sano tre stati dell'Io: Genitore(G), Adulto(A), Bambino(B).
Ma il bimbo appena nato non ha ancora sviluppato l'Adulto
e il Genitore. Nella simbiosi sana, secondo il modello analitico transazionale,
la madre utilizza lo Stato dell'Io Genitore e l'Adulto per occuparsi del figlio
che inizialmente dispone solo dello Stato dell'Io Bambino. In questa maniera
due individui si completano, la madre usando G+A e il figlio con il suo B.
Crescendo secondo le tappe evolutive del ciclo vitale, il figlio inizia il processo di separazione e individuazione costruendosi così una propria identità. Può accadere però, come ho accennato all'inizio che tale sviluppo subisca una interruzione, ad esempio per una forma di iperprotezione genitoriale, che impedisce al figlio di sviluppare le competenze adeguate per affrontare la vita, oppure nel il caso dell'esempio riportato, in cui si verifica una adultizzazione del bambino. In questo caso si verifica quindi una simbiosi patologica,
simbiosi di primo grado
che resterà irrisolta, tra la madre depressa, incapace di rispondere ai bisogni primari del bambino, e quest'ultimo, in pratica non si stabilisce un contatto che procuri al figlio un attaccamento sicuro, caratterizzato da fiducia in sé, nell'altro e verso il mondo. Si può verificare , oltre alla simbiosi di primo grado, il caso della simbiosi di secondo grado, che rispecchia proprio la situazione in cui i ruoli madre figlio sono invertiti. Il bambino non svilupperà un senso di sicurezza e fiducia, bensì uno stile di attaccamento insicuro, dove si sente costantemente minacciato nella sua esistenza, e questo lo porterà a dover controllare l'ambiente circostante e la madre, per avere la sensazione che tutto va bene, potersi rassicurare inibendo attraverso il controllo la paura. L'altro diventa quindi indispensabile, perché la separazione è avvertita come troppo minacciosa per la propria identità, quindi il bambino si prende cura dell'altro per neutralizzare il suo bisogno di protezione ed evitare il distacco, e riproporrà tale dinamica in tutte le relazioni intime. Questo impedisce un sano e completo sviluppo della propria identità, per cui si ricerca la completezza nel partner, riproponendo proprio una simbiosi disfunzionale in cui nessuno dei due membri della coppia utilizza tutti e tre gli stati dell'io in modo integrato. Ad esempio il dipendente affettivo utilizza in alcuni momenti solo l'Adulto e il Genitore specie se è in coppia con un individuo narcisista che utilizza prevalentemente lo stato dell'Io Bambino, un Bambino onnipotente e grandioso che deve compensare l'inadeguatezza dei suoi genitori. Altre volte il dipendente affettivo può utilizzare solo il Bambino cercando disperatamente accudimento da un partner che lo completi con i suoi stati dell'io G e A. Il ripetersi di questo meccanismo impedisce lo sviluppo dell'identità e della sicurezza in sé, e la persona dipendente non introietta i criteri per discriminare ciò che pensa lei da ciò che pensa l'altro, ma è come se ci fosse una fusione (e quindi incapacità di porre confini adeguati) che la induce a credere che il suo sentire e pensare siano esattamente come quelli del partner. In questo modo si manifesta la svalutazione di sé, la persona sente di non poter vivere senza l'altro, che il partner sia indispensabile, mentre chi si prende cura svaluta l'oggetto delle sue cure, inviandogli il messaggio che non può farcela da solo.
Dott.ssa Germana Verganti, psicologa-psicoterapeuta
Riferimenti bibliografici
Gloria Noriega Gayol (2015). Il copione di codipendenza nella relazione di coppia. Diagnosi e piano di trattamento. Alpes Italia, Roma.
Stewart, V. Joines (1987), L'analisi transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani. Garzanti Editore.
S. Woollams, M. Brown (2009), Analisi Transazionale, psicoterapia della persona e delle relazioni. Cittadella Editrice, Assisi.